Una legge viva e vitale, costruita intorno ai principi universali di libertà, uguaglianza e giustizia sociale. Valori 'senza tempo' sanciti solennemente dalla nostra Costituzione" con queste parole Guglielmo Epifani, Segretario Generale CGIL, ha celebrato il quarantesimo anniversario dell'approvazione dello Statuto dei Diritti dei Lavoratori, nel corso dell'iniziativa 'A 40 anni dall'approvazione dello Statuto dei Lavoratori' promossa dalla Fondazione Giuseppe di Vittorio e dalla CGIL Roma e Lazio.
Un'occasione per ribadire, con forza, ancora una volta che “modificare lo Statuto dei Lavoratori significa attaccare la Costituzione e i suoi articoli fondamentali”. Secondo il Segretario Generale della CGIL l'unica cosa che non si dovrebbe fare è celebrare l'importanza dello Statuto Lavoratori e contemporaneamente metterlo da parte. “Oggi - ha aggiunto Epifani - noi non ricordiamo un 'caro estinto' questa è la differenza, noi ricordiamo una cosa che è stata importante e che per noi deve continuare ad essere importante, ovviamente con gli adattamenti che la situazione di oggi ci propone”.
Secondo Epifani “lo Statuto dei Lavoratori è stato, in questi 40 anni, un faro e questo fu possibile grazie alla Costituzione, ma soprattutto grazie a quel movimento unitario di lotta, di rivendicazione, della fine degli anni '60. Uno strumento - ha precisato - particolarmente avanzato per quel tempo, che sancì due aspetti fondamentali: il diritto di libertà nei luoghi di lavoro di fare assemblea e la tutela del diritto alla riservatezza e della privacy del lavoratore”.
L'impianto legislativo dello Statuto dei Lavoratori, come sottolineato dal leader della CGIL, è minacciato da attacchi pericolosi come quello rappresentato dal grave e incostituzionale disegno di legge sul lavoro, e necessita di una particolare salvaguardia. Il ddl lavoro, secondo Epifani quindi, è un attacco non solo allo Statuto dei Lavoratori, ma anche alla Costituzione, in un articolo che è fondamentale, quello in cui si riconosce al cittadino italiano di poter ricorrere liberamente al giudice per far valere le proprie ragioni. E rivolgendosi al Ministro del Lavoro, Epifani ha concluso: “il ddl lavoro non è come dice Sacconi una libertà in più, ma una libertà in meno, è un qualcosa che rende il lavoratore più debole, nel momento in cui non può scegliere se ricorrere alla strada dell'arbitrato o a quella del giudice”.
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