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mercoledì 1 agosto 2012

Nota delle Segreterie Nazionali

Segreterie Nazionalei CGILFP - UIL FPL - UIL P.A.
Alle Strutture territoriali


loro sedi

Care/i, se mai vi fosse stato bisogno di un ulteriore motivo per confermare la mobilitazione delle categorie dei servizi pubblici di Cgil e Uil e lo sciopero del 28 Settembre oggi lo abbiamo.

L’incontro odierno con il Ministro della Funzione Pubblica Patroni Griffi ha avuto esattamente l’esito che tutti, ad eccezione di pochi, si aspettavano: il decreto e la posizione del Governo sulla spending review non cambiano, i tagli lineari a organici e spesa sono confermati, il sistema di partecipazione delle organizzazioni sindacali ai processi di riorganizzazione delle Pubbliche Amministrazioni è ridotto a mero ruolo di esecutore delle scelte dell’Esecutivo.

L’accordo del 3 maggio, che qualcuno continua ad agitare quale strumento di tutela e garanzia anche di tenuta dei livelli occupazionali, è nei fatti annichilito: il tavolo di confronto che qualcuno chiede di aprire a settembre con il Ministro della Funzione Pubblica e attraverso il quale si pensa sia possibile azzerare gli effetti del decreto “Spending” è semplicemente una certificazione postuma di quelle scelte che tutti, all’atto dell’emanazione del Decreto 95, hanno giudicato sbagliate e pericolose, anche per la tenuta complessiva del sistema dei servizi .

Cgil Fp, Uil Fpl e Uil Pa non ci stanno: il lavoro pubblico e i suoi livelli occupazionali, i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori dei servizi pubblici e quelli dei cittadini che usufruiscono di prestazioni pubbliche vanno difesi anche e soprattutto con la mobilitazione e la lotta, a maggior ragione di fronte all’atteggiamento unilaterale del Governo che non ha mai inteso aprire un vero confronto.

Il percorso intrapreso, quindi, va rafforzato e rilanciato: la mobilitazione contro il decreto non cessa, a cominciare da un imminente altra giornata di protesta, dopo quelle già realizzate nelle settimane scorse, davanti alla Camera dei Deputati in occasione del successivo passaggio Parlamentare nella conversione del decreto legge.

Dobbiamo mantenere alto il livello di iniziative anche durante il mese di Agosto con presidi, volantinaggi ed assemblee nei luoghi di lavoro per poi intensificare, già dai primi giorni di settembre, la mobilitazione che sfocerà nella giornata di sciopero generale dei servizi pubblici già proclamato per il 28 settembre 2012.

Buon lavoro.

Roma 30 Luglio 2012



Fp Cgil Uil Fpl Uil PA

Dettori Torluccio Attili

NON TAGLIANO GLI SPRECHI, TAGLIANO LE RISORSE,

TAGLIANO POSTI DI LAVORO


Fp Cgil, Uil Fpl e Uil PA considerano la manovra contenuta nella spending review ingiusta, iniqua ed inefficace, pericolosa per la tenuta del sistema dei servizi ai cittadini. Il Governo ha perseguito una logica di tagli lineari, non di lotta agli sprechi.

Il decreto non riorganizza, non razionalizza, non investe sul lavoro, non punta sul sistema di erogazione delle prestazioni sociali e sanitarie per le persone; il decreto semplicemente taglia: taglia risorse in maniera indistinta e generalizzata, taglia posti di lavoro, sopprime uffici e servizi, liquida attività pubbliche, privatizza beni comuni, riduce i posti letto ospedalieri pubblici, licenzia decine di migliaia di lavoratrici e lavoratori precari, taglia i buoni pasto, riduce in maniera indistinta i finanziamenti penalizzando in questo modo Enti ed Amministrazioni virtuose ed i livelli essenziali di prestazione.

Il protocollo d’intesa sul pubblico impiego, sottoscritto il 3 maggio u.s., doveva essere la base di partenza per un percorso condiviso tra Governo, sistema delle Autonomie locali e parti sociali per un vero piano di rilancio della P.A., per riaffermare il valore del lavoro pubblico, dei diritti di cittadinanza e della qualità dei servizi in sintonia con l’esigenza di innalzare la qualità dell’azione pubblica: il tutto all’interno di un corretto sistema di relazioni, fra istituzioni, fra livelli di governo e con le parti sociali.



SISTEMA DI RELAZIONI FRA ISTITUZIONI E CON I SINDACATI

Come previsto nell’Intesa e come il Decreto si incarica di evidenziare in tutta la sua natura dirigista e centralista, occorre, oggi più che mai, un piano complessivo di riorganizzazione della P.A. quale leva indispensabile per il miglioramento e l’efficienza delle amministrazioni pubbliche e per una ottimale gestione delle risorse umane. La contrattazione rappresenta l’unico strumento in grado di assicurare gestioni virtuose e conseguenti recuperi di risorse attraverso l’aumento della produttività, il riconoscimento della professionalità e del merito, il miglioramento della qualità dei servizi.

Qualunque operazione di riorganizzazione, di razionalizzazione della spesa, di riordino complessivo delle attività pubbliche non può non mettere al primo punto la necessità di un pieno coinvolgimento delle lavoratrici e dei lavoratori pubblici e delle loro rappresentanze democratiche. L’efficientamento dei servizi, la lotta agli sprechi, una diversa destinazione delle risorse, l’abbattimento dei costi eccessivi, la funzionalità dei sistemi pubblici non può essere fatto ed assunto contro qualcuno, ma con qualcuno: il lavoro pubblico.


TAGLI LINEARI

L'entità dei tagli adottati dal governo, che si aggiungono drammaticamente a quelli già insostenibili operati con le precedenti manovre, determinerà un abbassamento della qualità e della quantità dei servizi erogati ai cittadini e non, come ipocritamente affermato dal decreto legge, un’invarianza degli stessi.

Le organizzazioni sindacali di categoria Fp Cgil, Fpl Uil e Uil Pa, insieme alle confederazioni, hanno intrapreso una stagione di lotta e mobilitazione, per garantire il mantenimento di servizi pubblici efficienti nell’interesse dei cittadini e degli stessi operatori dei servizi.

E’ imprescindibile, secondo lo spirito dell’intesa del 3 maggio u.s. fra Governo, sistema delle Autonomie locali e organizzazioni sindacali, una fase di concertazione che consenta di intervenire in maniera autonoma ed intelligente nella determinazione dei fabbisogni delle pubbliche amministrazione, nella giusta dislocazione delle dotazioni organiche all’interno delle stesse e nella successiva gestione degli eventuali esuberi di personale ed i successivi processi di mobilità con riferimento agli enti e agli ambiti territoriali e amministrativi di volta in volta interessati.


Da questo punto di vista, i tempi di attuazione delle varie fasi del Decreto, oltreché essere viziati all’origine dalla predeterminazione indistinta della riduzione degli organici, risultano insufficienti a garantire adeguate forme di concertazione rendendo prevalente l’idea che tutte le Amministrazioni sono uguali e che uguale è il loro livello di sovradimensionamento dei fabbisogni, economici ed umani; ciò, come detto, oltre a penalizzare drammaticamente gli enti virtuosi e i cittadini, non affrontare minimante il problema della lotta agli sprechi e agli sperperi da cui recuperare risorse per rilanciare l’attività della P.A. e la contrattazione, anche quella collettiva relativa ai rinnovi dei contratti.

Il sistema dei tagli lineari, assunto a sistema nel decreto è un vero e proprio favore ai privati: diminuire le erogazioni di prestazioni pubbliche, oltrechè provocare un drammatico aumento della spesa privata a carico delle famiglie aumenterà l’invadenza del privato nelle attività pubbliche

LOTTA AGLI SPRECHI

L’enorme spesa per le consulenze, utilizzate in modo improprio, insieme al ricorso a forme di lavoro atipiche, determinata anche dal blocco del turn over, è frutto di scelte politiche sbagliate che hanno generato fenomeni di clientelismo e di cattiva amministrazione.

E’ necessario quindi innanzitutto superare il blocco del turn over al fine di evitare un uso distorto di tali tipologie di lavoro e conseguentemente valorizzare le professionalità interne, ristabilendo la tipologia del rapporto di lavoro a tempo indeterminato quale forma normale di assunzione.

Va poi intensificata la lotta agli sprechi veri (quelli che il Decreto 95 scalfisce appena), a partire da quelle spese di gestione che, in un periodo di crisi economica come l’attuale, evidenziano in pieno tutta la loro assurdità: spese di rappresentanza, benefit per rappresentanza politica ed alta dirigenza, pensioni e stipendi d’oro non possono non essere attaccate con determinazione, innanzitutto. Un ragionamento a parte merita la piccola “manutenzione” che il decreto opera sul capitolo “AUTO BLU”.

Le ingenti risorse destinate all’utilizzo delle auto blu costituiscono non solo un dispendio eccessivo per il bilancio dello Stato e per la finanza pubblica allargata, ma rappresentano in tutta la loro durezza l’enorme distanza che intercorre fra le dichiarazioni dei cd. “tecnici” della spending review e le soluzioni inique che essi stessi propongono al Paese: non è giustificabile in un momento come quello attuale in cui i notevoli tagli alla spesa pubblica si abbattono sui servizi essenziali per cittadini, lavoratori e contribuenti tutti un intervento così residuale sulle auto blu. Consideriamo irrisoria la misura di contenimento prevista nella “spending review” e chiediamo che la spesa per auto blu e acquisto di buoni taxi prevista per gli anni 2012 e seguenti non superi il 20% di quanto previsto per il 2011. Inoltre, le risorse destinate all’acquisto di auto di servizio debbono essere utilizzate per autovetture di cilindrata non superiore a 1.200 cc.

INCARICHI DIRIGENZIALI

Nell’ottica della riduzione degli uffici e delle posizioni dirigenziali e delle relative dotazioni organiche del personale dirigenziale, chiediamo l’azzeramento, a decorrere dalla data del 1° ottobre 2012, di tutti gli incarichi dirigenziali conferiti ai sensi dell’articolo 19, commi 5-bis e 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, con contestuale abrogazione di tali disposizioni. Quanto precede, nella considerazione che, nel rispetto dell’articolo 97 della Costituzione, vada garantito l’accesso alla dirigenza soltanto attraverso il sistema del pubblico concorso, sia per assicurare che le posizioni dirigenziali siano ricoperte da soggetti in possesso dei requisiti richiesti dalla normativa vigente, sia per evitare il procrastinarsi di logiche clientelari nell’affidamento degli incarichi a termine, che si ripercuotono negativamente sulla funzionalità degli uffici e dei servizi erogati dalla Pubblica Amministrazione.
AMMINISTRAZIONI CENTRALI

E’ necessario garantire l’esercizio dei diritti costituzionali da parte dei cittadini attraverso il mantenimento di un'adeguata articolazione dello Stato sul territorio. Riteniamo sbagliato il criterio della densità di popolazione utilizzato nella manovra, come parametro di riferimento per determinare accorpamenti, chiusure e soppressione di enti, amministrazioni e uffici.

Riteniamo indispensabile che si utilizzino altri parametri di riferimento, quali fenomeni di disagio sociale, presenza di criminalità organizzata, tasso di disoccupazione, ecc, per i quali è necessario garantire, a prescindere dal mero fattore quantitativo, la presenza dello Stato sul territorio.

Giudichiamo profondamente sbagliato e moralmente inopportuno, soprattutto in considerazione della necessità di una seria ed efficace lotta all’evasione fiscale, l’accorpamento delle agenzie fiscali che, inevitabilmente, rallenta l’attività di controllo e di repressione, disperdendo risorse e annullando ogni ipotesi di risparmio.

Il grido d’allarme che abbiamo lanciato all’indomani del decreto legge relativo all’accorpamento delle agenzie è confermato: la capacità dello Stato di combattere concretamente l’evasione fiscale è, alla luce di quella scelta, diminuita.

E’ inderogabile una ricognizione dell’utilizzo delle strutture di proprietà pubblica, al fine di individuare sedi ed edifici idonei e comuni nell’ambito dei processi di razionalizzazione logistica delle amministrazioni centrali al fine di ottenere effettivi risparmi di spesa.





LE ESTERNALIZZAZIONI

Chiediamo la reinternalizzazione dei servizi appaltati all’esterno, costosi e inefficienti, e l'utilizzo delle professionalità interne evitando duplicazioni di lavoro e di spesa, con conseguenti concreti risparmi di spesa.

Nel passato abbiamo denunciato come il sistema delle esternalizzazione dei servizi pubblici, oltre che a non comportare un innalzamento della qualità dell’intervento, avrebbe comportato anche, a dispetto di chi sosteneva l’economicità dei servizi esternalizzati, un aumento della spesa.

Il Decreto, continuando nel disegno di smantellamento ed arretramento del pubblico nel sistema dei servizi alle persone, persegue il drammatico successivo passaggio: la messa in liquidazione dei servizi precedentemente esternalizzati, a cominciare dalle società “in House” e da quelle a partecipazione pubblica.





SANITA’

La drastica riduzione del finanziamento del servizio sanitario – taglio di 4,7 miliardi che sommati a quelli precedenti arriva a circa 21 miliardi – colpisce l’universalità del nostro servizio pubblico.

Scelta sbagliata e dissennata a fronte di una spesa sanitaria italiana minore della media europea, con servizi tra i più apprezzati e indici di salute dei cittadini tra i migliori nel mondo.

Non dobbiamo spendere meno, dobbiamo spendere meglio a partire dal potenziamento del territorio - con strutture aperte ventiquattro al giorno - con il coinvolgimento dei medici convenzionati -con una migliore qualità dell’assistenza e contenimento dei costi rispetto ad inappropriati accessi ospedalieri. C’è bisogno di una riqualificazione della rete ospedaliera. Va portato avanti un rigoroso controllo degli accreditamenti per le strutture in convenzione

Va sviluppata l’informatizzazione del sistema ed in particolare la sanità elettronica e la telemedicina, quali strumenti di risparmio e di migliore tutela della salute dei cittadini.







AUTONOMIE LOCALI

Le risorse. Dal 2008 ad oggi e comunque entro il 2014 i patti di stabilità ed i nuovi trasferimenti al sistema delle autonomie locali saranno pari a 63,5 miliardi di euro.

Di questi, 56 miliardi erano già previsti dalla manovra precedente, 7,5 miliardi derivano dalle previsioni contenute nel decreto, così ripartiti:

COMUNI: 500 miliardi di euro in meno nel 2012 e altri 2 miliardi di euro in meno nel 2013 per un totale di 2,5 miliardi;

PROVINCE: 500 milioni di euro in meno nel 2012 ed un miliardo di euro nel 2013 per un totale di 1,5 miliardi di euro;

REGIONI ORDINARIE: 700 milioni di euro in meno nel 2012 ed un altro miliardo in meno nel 2013 per un totale di 1,7 miliardi;

REGIONI AUTONOME: 600 milioni in meno nel 2012, 1 miliardo e 200 milioni in meno nel 2013 e 1 miliardo e 500 milioni di euro in meno nel 2014, per un totale di 3,3 miliardi di euro.

Sui nuovi assetti istituzionali si sta procedendo attraverso Leggi ordinarie e decreti legge calate dall’alto. La revisione del titolo V della Costituzione è assunta senza un disegno complessivo dei livelli territoriali di governo e delle Autonomie.

Il Decreto prevede nuovi pesanti interventi sulle Province, già trasformate in Enti di secondo livello dal Decreto “Salva Italia”, che si sommano ai trasferimenti già precedentemente citati. In questo modo senza un intervento delle Regioni e l’individuazione di aree vaste dei Comuni rischiano il posto di lavoro migliaia di dipendenti e funzioni fondamentali per la garanzia di erogazione di prestazioni essenziali ai cittadini sono concretamente a rischio. Con i criteri individuati resteranno in vita, quasi private di funzioni, più della metà degli Enti e per 10 di esse è prevista la trasformazione in città Metropolitane.

Nulla si dice per quanto riguarda:

- la programmazione dell’offerta formativa e la gestione dell’edilizia scolastica delle scuole di secondo grado

- l’organizzazione e la gestione delle attività di formazione professionale;

- la gestione integrata degli interventi a difesa del suolo;

- l’amministrazione generale, la programmazione e la raccolta dati, la gestione finanziaria e contabile.

Non è certa, infine, la competenza delle regioni di conferire ulteriori funzioni di area vasta alle province di cui all’art. 117, commi 3 e 4 della Costituzione.

Sono state ridisegnate le funzioni dei Comuni senza il consenso delle Autonomie Locali. Non viene affrontato il tema della tutela dei dipendenti né della loro professionalità, anzi, i contenuti del decreto 95/2012 provano a sommarsi alle fattispecie del licenziamento per motivi economici così come prevista dalla riforma del mercato del lavoro recentemente approvata in via definitiva dal Parlamento italiano, nota come riforma Fornero.

Alla stessa stregua si stravolge l’assetto dei Comuni da 1000 fino a 5000 abitanti, prevedendo forme obbligate a predefinite di unioni e/o convenzioni degli stessi indicando tempi e percorsi obbligati.

Altrettanto rilevante è la vicenda delle Società partecipate e della gestione dei servizi pubblici ad esse affidate, che per i tempi e le modalità individuate nel decreto in questione, mettono a rischio la continuità dei servizi e migliaia di posti di lavoro.

Bisognerebbe, invece, orientare gli interventi a partire dalla modifica del patto di stabilità, per rimettere in circolo capacità di investimento e di ripresa delle attività produttive, da un vero e partecipato riordino istituzionale e da nuove politiche sul personale, modificando il sistema dei vincoli che non permettono più l’autonomia nella gestione delle risorse umane, sia in termini assunzionali, sia nei termini di assorbimento di unità di personale proveniente da processi di riorganizzazione di altri enti territoriali o di amministrazioni centrali.

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