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martedì 24 marzo 2015

Newsletters marzo 2015 Fondo PerseoSirio

IL FRUTTO AVVELENATO DELLA LIBERTÀ

Articolo pubblicato 24 marzo 2015

Sarebbe un grave errore scambiare la portabilità del contributo datoriale per un passo verso un mercato libero e concorrenziale delle forme di previdenza complementare per due motivi: i fondi pensione negoziali non sono soggetti commerciali ma associativi; un mercato libero si basa su parità di condizioni e, così non è.
I fondi pensione negoziali, a differenza delle altre forme pensionistiche complementari, sono soggetti associativi senza scopo di lucro rivolti a una ristretta parte del mondo del lavoro dipendente, quelli a cui si applica il CCNL di riferimento e a nessun altro, l’anomalia, rispetto al resto del mondo, semmai è la volontarietà dell’adesione, mentre ovunque il fondo pensione e classificato come benefit contrattuale e, dunque, diritto di tutti i lavoratori a cui si applica il contratto, senza esporre il lavoratore a atteggiamenti di dissuasione.
In un mercato libero tutti i soggetti in concorrenza devono avere pari condizioni e opportunità. Vediamone alcune che penalizzerebbero i fondi pensione negoziali: 1)i fondi pensione negoziali, a differenza dei loro “concorrenti” sono mono -“prodotto” (cioè si occupano solo di previdenza complementare) e, quindi, sono dotati di minore capacità di contatto e attrazione; 2) i fondi pensione negoziali, essendo senza scopo di lucro e non commerciali, non hanno né possono avere una rete di vendita importante e aggressiva come quella dei loro “concorrenti” (limitazioni nella raccolta delle adesioni); 3) i fondi pensione negoziali sono limitati anche nella promozione del servizio – per essi la previdenza complementare non è un prodotto – sia per la natura no-profit (tutte le attività sono nelle singole posizioni individuali dei soci), con la conseguente scarsità di risorse, sia per le limitazioni pubblicitarie.
L’idea, perciò, di avere un mercato libero e concorrenziale è un anelito che non potrebbe che essere condiviso se non nascondesse un frutto avvelenato che toglierebbe, proprio da quel  “mercato libero”, i più temuti concorrenti di banche e assicurazioni. Con buona pace della concorrenza e della libertà.
Per approfondimenti
http://www.giornatanazionaledellaprevidenza.it/site/home/il-punto/istituzionali/il-mondo-tutto-vs-la-portabilita-del-contributo-del-datore.html

Covip: indagine sulla gestione del risparmio
Il 12 Febbraio, Francesco Massicci, commissario facente funzioni di presidente della Covip – Commissione di vigilanza sui fondi pensione – è stato ascoltato dalla Commissione parlamentare di controllo sull’attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale. L’audizione rientra nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla gestione del risparmio previdenziale da parte dei Fondi pensione e delle Casse professionali, con riferimento agli investimenti mobiliari e immobiliari, e alla tipologia delle prestazioni fornite, anche nel settore assistenziale. Il testo della relazione presentata da Massicci è stato pubblicato dal sito web Covip.

Tfr in busta paga al via a marzo, ma adesione ancora scarsa: già richiesto solo dal 6% dei dipendenti
Confesercenti: “Effetto modesto sui consumi: solo il 19% di chi lo prenderà lo investirà in acquisti. Governo acceleri il varo dei provvedimenti promessi per sbloccare il credito”
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Da marzo sarà possibile avere il TFR in busta paga, ma l’adesione è ancora scarsa: ad oggi ne hanno fatto richiesta appena 6 dipendenti su 100, e solo un altro 11% vorrebbe farlo entro la fine del 2015. La stragrande maggioranza dei dipendenti (l’83%) lascerà invece accumulare il trattamento di fine rapporto nell’impresa in cui lavora, come avvenuto finora oggi.
E’ quanto emerge da un sondaggio sul TFR condotto sui dipendenti privati e sugli imprenditori da Confesercenti in collaborazione con SWG. Le imprese confermano le risposte dei dipendenti: l’82% non ha ricevuto o pensa di non ricevere richieste di TFR in busta paga da parte dei propri dipendenti
DOMANDA: da marzo sarà possibile avere il TFR in busta paga: ovvero il versamento, su base mensile, della quota parte di stipendio che attualmente viene versata per costituire il trattamento di fine rapporto. Lei ne ha fatto richiesta?
6%
No
83%
No, ma ho intenzione di farlo
11%
I lavoratori che hanno scelto di avere il TFR su base mensile, utilizzeranno la liquidità aggiuntiva soprattutto per saldare debiti pregressi, destinazione indicata dal 24% del campione. Il 20% lo destinerà alla previdenza integrativa, mentre solo il 19% lo impiegherà per acquisti di vario genere. Il 35%, invece, non ha ancora un programma.
Tra le ragioni alla base della mancata adesione, invece, c’è soprattutto la volontà di non erodere la liquidazione da riscuotere a fine rapporto di lavoro, opzione indicata dal 58% di chi lascerà accumulare il TFR in azienda. Una percentuale significativa, che dimostra come il TFR venga percepito ancora da gran parte degli italiani come una forma di risparmio e di tutela per il futuro. Ma c’è anche un rilevante 30% che dichiara di non avere approfittato dell’opzione per via dell’eccesso di fisco: il TFR, se percepito in busta paga, viene infatti tassato con aliquota ordinaria, e non ridotta come quando viene preso alla fine del rapporto di lavoro. Oltretutto, incide negativamente sulle tabelle ANF e sulla determinazione dell’ISEE: una questione dirimente soprattutto per le fasce di reddito più deboli, che sarebbero dovute essere le principali beneficiarie del provvedimento.
DOMANDA: Perché ha scelto di NON richiedere il TFR in busta paga?
Perché non voglio erodere il TFR che ho accumulato e che vorrei percepire integralmente alla fine del mio percorso lavorativo
58%
Perché il TFR in busta paga è tassato con aliquota ordinaria e non ridotta come avviene quando si prende il TFR a fine del rapporto di lavoro
30%
Perché non voglio mettere in difficoltà l’impresa per cui lavoro
10%
Perché sul mio luogo di lavoro ci hanno sconsigliatoapertamente di farlo
2%
(risponde l’83% del campione che non ha chiesto il TFR in busta paga)
Infine, c’è un 10% che dichiara di non aver richiesto il TFR in busta paga per non creare difficoltà all’azienda: un chiaro segnale del rapporto di fiducia tra le imprese – in particolare le PMI – ed i dipendenti, soprattutto in un periodo di crisi così dura. Ma è anche una preoccupazione che nasce da difficoltà reali: il 58% delle imprese che dovranno erogare il TFR in busta paga ritiene che si creeranno problemi di liquidità. Ed il sistema del credito non aiuta: il 79% delle imprese segnala di avere avuto difficoltà ad ottenere i finanziamenti necessari dalle banche. Nonostante questo, però, solo il 2% dei dipendenti segnala che sul luogo di lavoro è stato sconsigliato di fare richiesta, indice della disponibilità delle imprese a concorrere alla buona riuscita del provvedimento.
DOMANDA: La sua impresa ha avuto difficoltà ad ottenere dalle banche finanziamenti finalizzati ad erogare ai suoi dipendenti il TFR in busta paga?
79%
No
21%
(Rispondenti: le imprese che hanno ricevuto dai dipendenti richiesta di avere il TFR in busta paga)
“Dalla nostra indagine – spiega Mauro Bussoni, segretario generale Confesercenti – emerge chiaramente come gli italiani continuino a valutare positivamente l’istituto TFR, e ritengono che sia più utile mantenere intatta la liquidazione piuttosto che usufruire di poca liquidità in più ogni mese. Non a caso secondo il sondaggio il 67% dei dipendenti pensa che sia un intervento poco significativo, che non otterrà i risultati sperati. Sarebbe potuto essere più efficace se si fosse applicata anche sul TFR su base mensile la tassazione ad aliquota ridotta. Ma anche un’erogazione in un’unica soluzione, come se fosse una mensilità in più durante l’anno, avrebbe potuto aumentare il tasso di adesione”.
“Dal punto di vista delle PMI  – continua Bussoni – desta invece grave preoccupazione la difficoltà che si incontra a reperire finanziamenti dal sistema bancario. Erano difficoltà note: non a caso il Governo aveva previsto dei meccanismi per sbloccare il credito necessario. Il decreto della presidenza del Consiglio dei Ministri con le modalità attuative del provvedimento, però, non è ancora stato approvato, e lo stesso è accaduto per l’accordo quadro tra Abi, Mef e Ministero del Lavoro che avrebbe dovuto rendere più facile, per le piccole e medie imprese, ottenere finanziamenti finalizzati all’erogazione del TFR in busta paga”.

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