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martedì 8 aprile 2014

Sicurezza del lavoro: Cassazione responsabilità del D.L. anche contro terzi; Rischio incendi prevenzione; quarta edizione norma CEI imp.elettrici

fonte: M.Spezia -sp-mail@libero.it

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> CASSAZIONE: SULLA RESPONSABILITA’ DEL DATORE DI LAVORO ANCHE NEI CONFRONTI

> DI TERZI

> Da: PuntoSicuro

> http://www.facebook.com/l/fAQFH0l7EAQGxQKnHtPpsQAiCKf3q402GnkzMPRBRVsNZpQ/www.puntosicuro.it

> 24 marzo 2014

> Il datore di lavoro nel caso che ometta di segnalare una situazione di

> pericolo in azienda è responsabile anche nei confronti di terzi: le norme

> antinfortunistiche sono poste a tutela di chiunque si trovi nel luogo di

> lavoro.

> A cura di G. Porreca.

> CASSAZIONE PENALE SEZIONE IV SENTENZA N.956 DEL 13 GENNAIO 2014

> IL COMMENTO

> Nel confermare in questa sentenza la responsabilità di un datore di lavoro

> nel caso che lo stesso non abbia provveduto a disporre la segnaletica di

> sicurezza nell’ambito della propria azienda, essendo stato vittima di tale

> omissione un soggetto esterno alla organizzazione dell’azienda stessa, la

> Corte di Cassazione ha colto l’occasione per ribadire quando già dalla

> stessa Corte affermato in precedenti espressioni citando esplicitamente la

> sentenza n.23147 del 17/04/12, secondo la quale, in tema di prevenzione nei

> luoghi di lavoro, le norme antinfortunistiche non sono dettate soltanto per

> la tutela dei lavoratori nell’esercizio della loro attività, ma sono dettate

> anche a tutela dei terzi che si trovino nell’ambiente di lavoro,

> indipendentemente dall’esistenza di un rapporto di dipendenza con il

> titolare dell’impresa ragione per cui, ove in tali luoghi si verifichino a

> danno di terzi i reati di lesioni o di omicidio colposi legati a violazioni

> delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, è sufficiente che

> sussista tra la violazione stessa e l’evento dannoso un legame causale e ciò

> sempre che la presenza del soggetto estraneo all’attività ed all’ambiente di

> lavoro, nel luogo e nel momento dell’infortunio, non rivesta carattere di

> anormalità, atipicità ed eccezionalità tali da fare ritenere interrotto il

> nesso eziologico tra l’evento e la condotta inosservante e sempre che la

> norma violata miri a prevenire l’incidente verificatosi.

> IL FATTO E IL RICORSO IN CASSAZIONE

> Il Tribunale ha condannato l’amministratore unico di una azienda alla pena

> di 6.000,00 euro di ammenda perché ritenuto colpevole, quale datore di

> lavoro del reato ex articolo 163 del D.Lgs.81/08 per avere omesso di

> installare la necessaria cartellonistica che informasse di una situazione di

> pericolo e, in particolare, della presenza di una piattaforma sovrastante al

> cancello d’ingresso del piazzale aziendale utilizzato dai mezzi di

> trasporto, avendo ritenuto il Tribunale stesso che lo scontro avvenuto fra

> un automezzo in entrata e la piattaforma stessa abbia messo in evidenza l’omessa

> adozione della necessaria segnaletica di sicurezza.

> Avverso la decisione del Tribunale l’amministratore unico ha proposto

> ricorso tramite il difensore, sostenendo che il giudice avesse applicato non

> correttamente una disposizione di legge, posta alla base del capo di

> imputazione, che è rivolta ai soli dipendenti del “datore di lavoro” e che

> non può pertanto avere come riferimento coloro che non sono legati all’azienda

> da un rapporto di lavoro, come è appunto il conducente di un automezzo di

> altra ditta che fa ingresso nel piazzale dell’azienda medesima,e sostenendo

> altresì che nella circostanza non fosse stato preso in considerazione che l’altezza

> dell’automezzo in entrata era superiore ai limiti fissati dal Codice della

> strada.

> LE DECISIONI DELLA CORTE DI CASSAZIONE.

> La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso presentato ponendo in

> evidenza innanzitutto che l’eventuale violazione delle norme del Codice

> della Strada commessa dal conducente del mezzo che è entrato in collisione

> con la piattaforma non fa venire meno l’obbligo per il titolare dell’azienda,

> se questo sussiste, di provvedere alla segnalazione di un ostacolo anche se

> solo potenziale.

> La stessa Corte ha ritenuto, altresì, infondato il ricorso relativo all’applicazione

> delle norme di sicurezza anche a persone non legate all’azienda con un

> rapporto di lavoro, e ha ricordato in merito il principio fissato dalla

> Corte stessa con la sentenza della Sezione IV n.23147 del 17/04/12 secondo

> il quale “In tema di prevenzione nei luoghi di lavoro, le norme

> antinfortunistiche non sono dettate soltanto per la tutela dei lavoratori

> nell’esercizio della loro attività, ma sono dettate anche a tutela dei terzi

> che si trovino nell’ambiente di lavoro, indipendentemente dall’esistenza di

> un rapporto di dipendenza con il titolare dell’impresa”.

> Ne consegue che ove in tali luoghi vi siano macchine non munite dei presidi

> antinfortunistici e si verifichino a danno del terzo i reati di lesioni o di

> omicidio colposi, perché possa ravvisarsi l’ipotesi del fatto commesso con

> violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, di cui

> agli articoli 589, comma secondo, e 590, comma terzo del Codice Penale,

> nonché la perseguibilità d’ufficio delle lesioni gravi e gravissime, ex

> articolo 590. ultimo comma del Codice Penale, è necessario e sufficiente che

> sussista tra siffatta violazione e l’evento dannoso un legame causale, il

> quale ricorre se il fatto sia ricollegabile all’inosservanza delle predette

> norme secondo i principi di cui agli articoli 40 e 41 del Codice Penale, e

> cioè sempre che la presenza di soggetto passivo estraneo all’attività e all’ambiente

> di lavoro, nel luogo e nel momento dell’infortunio non rivesta carattere di

> anormalità, atipicità ed eccezionalità tali da fare ritenere interrotto il

> nesso eziologico tra l’evento e la condotta inosservante, e la norma violata

> miri a prevenire l’incidente verificatosi.

> E’ un principio, quello sopraindicato, espresso dalla Corte di Cassazione

> che la Sezione IV ha inteso condividere anche nel caso in esame e che,

> secondo la stessa, bene risponde all’esigenza di prevenzione in favore di

> tutti coloro che vengono in relazione con i luoghi di lavoro, tale dovendosi

> intendere anche il piazzale e il relativo accesso utilizzati per il transito

> e lo stazionamento dei mezzi che trasportano beni necessari per l’attività

> produttiva.

> E’ evidente del resto, ha aggiunto la suprema Corte, che “l’accesso di un

> automezzo non può dirsi occasionale o imprevisto e che non appare né

> illogico né in contrasto con la volontà della legge la decisione del

> Tribunale che ha ritenuto omessa la doverosa segnalazione di una piattaforma

> che lo stesso ricorrente afferma essere di poche decine di centimetri più

> alta del massimo di trasporto consentito”.

> E’ evidente, altresì, ha così concluso la Sezione IV, che “al datore di

> lavoro è fatto obbligo di apporre tutti i segnali stradali necessari alla

> regolazione del traffico interno al luogo di produzione e all’opificio, cosi

> confermandosi in modo inequivoco la finalità e il contenuto delle regole di

> prevenzione che non possono che avere come riferimento tutti coloro che

> vengono a trovarsi coinvolti nella mobilità interna”.

> La Sentenza n.956 del 13 gennaio 2014 della Corte di Cassazione Sezione IV

> Penale “Il datore di lavoro nel caso che ometta di segnalare una situazione

> di pericolo esistente in azienda è responsabile anche nei confronti di

> estranei essendo le norme antinfortunistiche poste a tutela di chiunque si

> trovi presente nel luogo di lavoro” è consultabile all’indirizzo:

> http://www.facebook.com/l/2AQFelo1UAQG0pgfAocYaUSdGUFJZvqqnORlK-NmR9Cx4mw/olympus.uniurb.it/index.php?option=com_content&view=article&id=10376:cassazione-penale-sez-4-13-gennaio-2014-n-956-scontro-tra-mezzi-per-omessa-segnaletica-di-pericolo&catid=17:cassazione-penale&Itemid=60

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> RISCHIO INCENDIO: LA PREVENZIONE INCENDI SUL LUOGO DI LAVORO

> Da: PuntoSicuro

> http://www.facebook.com/l/fAQFH0l7EAQGxQKnHtPpsQAiCKf3q402GnkzMPRBRVsNZpQ/www.puntosicuro.it

> 25 marzo 2014

> Un approfondimento sul alcuni criteri generali per la prevenzione incendi

> nei luoghi di lavoro. La normativa, l’analisi di rischio, il valore del

> carico d’incendio e la tipologia di destinazione d’uso.

> Nei mesi scorsi abbiamo presentato un documento elaborato dall’Ufficio

> provinciale per la prevenzione incendi della Provincia Autonoma di Bolzano

> che riportava i principali “Criteri generali di prevenzione incendi”, con

> riferimenti normativi (aggiornati al 2011) e tecnici per varie tipologie di

> edifici e attività.

> Il documento sottolinea che i requisiti della prevenzione incendi non devono

> essere soddisfatti solo al momento della messa in esercizio di un edificio:

> le condizioni di sicurezza devono perdurare per tutto l’arco di vita dell’edificio

> stesso. Infatti il pericolo maggiore è dovuto alle modifiche interne ed alle

> variazioni di destinazione d’uso effettuate arbitrariamente.

> A questo proposito viene ricordato, come esempio, un incendio del 1962 a

> Norimberga che costò la vita a 22 persone: la causa per la quale l’incendio

> ebbe queste conseguenze catastrofiche fu essenzialmente un cambiamento di

> utilizzo, non denunciato alle autorità competenti. Un supermercato, non più

> adibito a questa attività, venne utilizzato come deposito, venne riempito

> totalmente (comprese le vie di uscita) e nei piani superiori vennero

> disposti dei locali di lavoro la cui via di uscita non era sicura. I

> dispositivi di allarme, di rivelazione e di estinzione furono disattivati e

> le uscite del supermercato, che prima erano presenti in buon numero, vennero

> chiuse con saracinesche. Se il diverso impiego fosse stato sottoposto a

> controllo, gli aspetti della prevenzione incendi sarebbero stati messi

> nuovamente in evidenza nel procedimento di approvazione.

> Riguardo al documento della Provincia Autonoma di Bolzano ci soffermiamo

> oggi in particolare sulla prevenzione incendi sul luogo di lavoro.

> Si sottolinea che è molto importante per la prevenzione incendi l’articolo

> 46 del D.Lgs.81/08 in cui si fa riferimento:

> al Decreto Legislativo 8 marzo 2006, n.139 che in particolare all’articolo

> 20 prevede una responsabilità penale per il titolare di attività soggetta a

> controllo di prevenzione incendi nella quale siano presenti materiali

> infiammabili od esplodenti e che non disponga di autorizzazione antincendio;

> al Decreto Ministeriale 10 marzo 1998 che costituisce l’insieme dei criteri

> generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza dei

> luoghi di lavoro.

> Si segnala che il punto di partenza della normativa è l’obbligo per il

> datore di lavoro di svolgere un’analisi del rischio che deve considerare

> tutti i rischi connessi con il luogo di lavoro, compreso il rischio

> incendio. In base a quell’analisi egli deve poi prendere le opportune

> contromisure per ridurre al minimo il rischio individuato. Questo concetto è

> molto importante perché il datore di lavoro non può più limitarsi ai

> provvedimenti resi obbligatori dalle norme tecniche.

> Anche in questo caso viene fatto un esempio relativo all’incendio

> verificatosi il 31 ottobre 1997 nella camera iperbarica dell’ospedale

> Galeazzi di Milano, incendio in cui persero la vita 10 pazienti ed un

> infermiere: il datore di lavoro fu condannato perché l’analisi di rischio

> dell’ospedale non aveva nemmeno preso in considerazione la camera

> iperbarica. Questo ambiente è a rischio di incendio elevato, poiché la

> probabilità di insorgenza di un incendio è elevata, lo sviluppo dell’incendio

> a tutto l’ambiente è inevitabile e non è disponibile alcuna via di fuga per

> i presenti: l’unica contromisura efficace è un impianto di spegnimento

> automatico. Un impianto del genere era effettivamente installato nell’iperbarica

> del Galeazzi, ma non era mai stato messo in funzione. I responsabili hanno

> cercato di giustificarsi asserendo che nessuna norma tecnica vigente

> richiede la presenza di un tale impianto in camera iperbarica, ma come si

> può vedere la scusa è inaccettabile, da quando sussiste l’obbligo della

> analisi di rischio.

> L’analisi di rischio non deve essere considerata una raccolta formale di

> carte, bensì una precisa assunzione di responsabilità.

> Il documento continua mettendo ulteriormente in risalto il collegamento tra

> rischio incendio ed analisi di rischio e ricorda che nella valutazione del

> rischio d’incendio si deve fare distinzione tra locali con o senza carico d’incendio:

> carico d’incendio: potenziale termico netto della totalità dei materiali

> combustibili contenuti in uno spazio corretto in base ai parametri

> indicativi della partecipazione alla combustione dei singoli materiali: il

> carico di incendio è espresso in MJ; convenzionalmente 1 MJ è assunto pari a

> 0,054 chilogrammi di legna equivalente;

> carico d’incendio specifico: carico di incendio riferito all’unità di

> superficie lorda è espresso in MJ/m²;

> carico d’incendio specifico di progetto: carico d’incendio specifico

> corretto in base ai parametri indicatori del rischio di incendio del

> compartimento e dei fattori relativi alle misure di protezione presenti:

> esso costituisce la grandezza di riferimento per le valutazioni della

> resistenza al fuoco delle costruzioni.

> E poiché il tipo e la quantità di materiali combustibili presenti in un

> ambiente, in particolar modo nell’ambito degli edifici industriali, variano

> notevolmente nel tempo, si deve far riferimento alla situazione più gravosa

> (ossia alla capacità di deposito massima).

> Si ricorda anche che la parte del carico d’incendio che risulta dalla

> destinazione d’uso di un locale può essere influenzata mediante

> provvedimenti di tipo gestionale, sostituendo i materiali in deposito o in

> lavorazione con altri meno pericolosi (ad esempio sostituendo le vernici a

> base di solventi con altre a base acquosa).

> Dunque il valore del carico d’incendio in un locale determina l’intensità

> dell’incendio, la durata, la temperatura all’interno del locale e l’entità

> del danno. La capacità di propagazione di un incendio è strettamente

> connessa con il carico d’incendio.

> Anche in questo caso viene proposta una situazione esemplificativa.

> Se nell’antivano di un bagno prende fuoco un cestino dei rifiuti contenente

> fazzoletti di carta, quest’incendio non si propaga a causa dell’assenza di

> altro carico d’incendio nel locale. Il cestino si trova su un pavimento in

> laterizio, le pareti sono rivestite di piastrelle e non vi sono né mobili né

> tendaggi.

> Se un cestino di carta brucia invece in un ufficio, allora l’incendio può

> svilupparsi fino ad interessare il locale intero; se si tratta di un grande

> vano ufficio, la quantità di materiali combustibili presenti può provocare

> un incendio di grosse proporzioni con estensione del fuoco ai piani

> superiori e con collasso degli elementi costruttivi portanti.

> Dopo aver accennato anche alla propagazione del fumo nell’edificio, il

> documento sottolinea che il rischio d’incendio dell’intero edificio è

> determinato dal tipo di destinazione d’uso dei locali, dalla forma edilizia

> e dalla grandezza dell’edificio stesso.

> Concludiamo rimandando i lettori ad una lettura integrale del documento che

> prende in considerazione nel dettaglio le destinazioni d’uso più frequenti

> che comportano un determinato rischio d’incendio:

> edifici di civile abitazione;

> edifici ad uso ufficio;

> scuole;

> hotel;

> ospizi, case di cura, asili nido;

> ospedali;

> locali di pubblico spettacolo;

> autorimesse;

> negozi e supermercati;

> destinazioni d’uso promiscue;

> aziende artigianali e industriali.

> Il documento “Criteri generali di prevenzione incendi”, pubblicazione a cura

> dell’Ufficio della Provincia Autonoma di Bolzano per la prevenzione incendi

> è scaricabile all’indirizzo:

> http://www.facebook.com/l/DAQEutOz-AQGrVSNSLs-Hv8sEZn_fVOhZQfgOvPnxZ6AlHw/www.puntosicuro.info/documenti/documenti/131014_Pr_BZ_Prevenzione_Incendi_criteri_generali.pdf

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> UNA NUOVA EDIZIONE DELLA NORMA RELATIVA AI LAVORI SU IMPIANTI ELETTRICI

> Da: PuntoSicuro

> http://www.facebook.com/l/fAQFH0l7EAQGxQKnHtPpsQAiCKf3q402GnkzMPRBRVsNZpQ/www.puntosicuro.it

> 27 marzo 2014

> Pubblicata la quarta edizione della Norma CEI 11-27, in vigore dal primo

> febbraio 2014, che sostituisce la versione del 2005. Le novità della norma

> tecnica, la formazione e l’importanza dell’aggiornamento per i lavoratori

> addetti ai lavori elettrici.

> Dal mese di febbraio 2014 è in vigore una nuova edizione della Norma CEI

> 11-27 “Lavori su impianti elettrici”. Una norma che contiene le prescrizioni

> minime per la sicurezza di attività di lavoro sugli impianti elettrici e

> che, come riportato da una specifica risposta della Commissione per gli

> interpelli, “costituisce corretta attuazione degli obblighi di legge”

> (articolo 82 e 83 del Capo III, relativo a Impianti e apparecchiature

> elettriche, del D.Lgs.81/08) per il riconoscimento dell’idoneità all’esecuzione

> di lavori su parti in tensione.

> La norma non solo prevede che il datore di lavoro attribuisca il livello di

> qualifica ad operare sugli impianti elettrici, che può essere ad esempio di

> “persona esperta” (PES), “persona avvertita” (PAV) e di persona “idonea ai

> lavori elettrici sotto tensione”, ma fornisce anche gli elementi essenziali

> per la formazione degli addetti ai lavori elettrici.

> Ricordiamo che oltre alla formazione per i nuovi addetti è importante,

> benché non previsto espressamente nella norma CEI 11-27, un aggiornamento

> alla nuova edizione della norma per i lavoratori che sono stati già formati

> e qualificati.

> La quarta edizione della Norma CEI 11-27, pubblicata il primo gennaio dal

> Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI), costituisce l’integrazione in ambito

> nazionale della Norma CEI EN 50110-1 e sostituisce completamente la Norma

> CEI 11-27 del 2005 che rimane comunque applicabile fino al primo febbraio

> 2015.

> Ricordiamo che la quarta edizione della CEI 11-27 permette non solo di

> aggiornare e conformare il testo alla nuova edizione della CEI EN 50110-1,

> ma anche di aggiornarlo al D.Lgs.81/08 (l’edizione del 2005 riportava ancora

> i riferimenti al precedente e abrogato D.Lgs.626/1994).

> La norma riguarda le operazioni e le attività di lavoro sugli impianti

> elettrici, ad essi connesse e vicino ad essi: fornisce le prescrizioni di

> sicurezza per attività sugli impianti elettrici, o effettuate nelle

> vicinanze, destinati alla produzione, alla trasmissione, alla

> trasformazione, alla distribuzione e all’utilizzazione dell’energia

> elettrica, fissi, mobili, permanenti o provvisori.

> Si applica dunque alle procedure di esercizio, di lavoro e di manutenzione e

> a tutti i lavori elettrici ed anche ai lavori non elettrici quali ad esempio

> lavori edili eseguiti in vicinanza di impianti elettrici, di linee

> elettriche aeree o in vicinanza di cavi sotterranei non isolati o

> insufficientemente isolati.

> Non si applica invece ai lavoro sotto tensione su impianti a tensione

> superiore a 1.000 V in corrente alternata e 1.500 V in corrente continua,

> regolamentati dal Decreto Ministeriale 4 febbraio 2011, dalla Norma CEI EN

> 50110-1 e dalla Norma CEI 11-15.

> Le modifiche della quarta edizione della norma riguardano diversi aspetti:

> definizioni riguardanti i responsabili degli impianti elettrici e dei

> lavori eseguiti su di essi;

> definizioni di lavoro elettrico e di lavoro non elettrico;

> prescrizioni di sicurezza per le “persone comuni” (PEC) che eseguono lavori

> di natura non elettrica;

> introduzione della distanza DA9 (limite esterno dei lavori non elettrici,

> secondo quanto riportato nella tabella A.1 dell’Allegato A della norma)

> riguardante i lavori non elettrici;

> modifiche delle distanze DL (zona di lavoro sotto tensione) e DV (zona

> prossima) in funzione del livello di tensione della parte attiva;

> revisione e aggiunta della modulistica correlata ai lavori elettrici e non

> elettrici;

> dichiarazione esplicita della non applicabilità della distanza di lavoro

> (Dw) della Norma CEI EN 61936-1.

> Con la quarta edizione alle funzioni di “Responsabile dell’Impianto” (RI, la

> persona preposta alla conduzione dell’impianto elettrico) e “Preposto ai

> Lavori” (PL, la persona preposta alla conduzione dell’attività lavorativa),

> si aggiungono la “Unità Responsabile dell’impianto elettrico” (URI) e la

> “Unità Responsabile della realizzazione del Lavoro” (URL).

> In particolare la URI è definita nel dettaglio come “unità designata alla

> responsabilità complessiva per garantire l’esercizio in sicurezza di un

> impianto elettrico mediante regole ed organizzazione della struttura

> aziendale durante il normale esercizio dell’impianto”, mentre l’URL è “unità

> o persona alla quale è demandato l’incarico di eseguire il lavoro”.

> Le nuove figure URI e URL sono state introdotte proprio perché nelle aziende

> di medie e grandi dimensioni, ben organizzate e strutturate, ogni attività

> lavorativa può anche essere progettata da uno staff aziendale e non da una

> singola persona. E lo staff può essere formato da personale appartenente a

> più comparti che viene coinvolto in relazione alla mansione e alle

> responsabilità assegnate.

> Per le aziende con minore dimensione e organizzazione le figure di URL, di

> RI e di PL possono anche coincidere in un’unica persona in possesso di tutte

> le competenze necessarie.

> Dopo aver sottolineato che le varie figure introdotte dalla norma (URI, RI,

> URL e PL) non corrispondono a priori a quelle riconosciute dal D.Lgs.81/08

> (Datore di Lavoro, dirigente, preposto e lavoratore), ci soffermiamo infine

> sulle indicazioni relative alla qualificazione e formazione del personale

> addetto ai lavori elettrici.

> La norma definisce i requisiti formativi minimi.

> Ad esempio per le persone che non hanno già i requisiti necessari, la

> formazione minima ad una PES (persona esperta) o PAV (persona avvertita),

> per l’esecuzione di lavori, a diversi livelli di conoscenza, può essere

> strutturata con i contenuti correlati al:

> livello 1A “Conoscenze teoriche”: non solo conoscenze di elettrotecnica

> generale e conoscenze specifiche per la tipologia di lavoro, ma anche

> conoscenza delle principali disposizioni legislative in materia di sicurezza

> elettrica e di varie prescrizioni: varie norme pertinenti, effetti dell’elettricità,

> attrezzature e DPI, ecc.;

> livello 1B “Conoscenze e capacità per l’operatività”: oltre alla conoscenza

> delle metodologie di lavoro richieste per l’attività, la formazione pratica

> deve almeno riguardare diversi altri aspetti indicati nella norma.

> Concludiamo questa breve presentazione ricordando inoltre che la quarta

> edizione della norma CEI 11-27 in teoria non prevede, come nella precedente

> edizione, un periodico aggiornamento.

> Tuttavia l’unico modo di ottemperare correttamente alla normativa sulla

> sicurezza, nel momento in cui si richiede per i lavoratori una formazione

> sufficiente ed adeguata in merito ai rischi specifici, è quello di prevedere

> per i lavoratori addetti ai lavori elettrici non solo una corretta

> formazione, ma anche un tempestivo aggiornamento alle novità in tema di

> sicurezza previste dalle nuove edizioni delle norme pertinenti.

> Senza dimenticare che l’articolo 37 del D.Lgs.81/08 prevede che la

> formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti sia aggiornata in

> relazione all’evoluzione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi.

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