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lunedì 7 aprile 2014

Riforme Renzi - nota di G. Zagrebelsky

di P. Ghisleni
“Credo che la crisi della politica nella quale siamo immersi derivi da una chiusura oligarchica del potere. Letteralmente, il termine “oligarchia” significa “governo dei pochi” ed è antitetico a quello di “democrazia”, che vuol dire “governo di molti, governo di tutti”.


Non è una questione numerica, ma di sostanza”. Con queste parole Gustavo Zagrebelsky ha delineato l’attuale situazione in cui versa l’Italia intervenendo.

Zagrebelsky ha evidenziato: “Oggi la democrazia si è ristretta, il potere è detenuto da una stretta cerchia di persone: non si tratta di un evento naturale, come un’alluvione, ma è il risultato prodotto dalla nostra società negli ultimi decenni. In modo particolare, in tutti i sistemi ci sono tre cerchie di potere. Innanzitutto, quella economica, attualmente segnata dalla finanziarizzazione dell’economia, che non è il potere economico come lo abbiamo conosciuto sino ad ora: i finanzieri non sono come gli imprenditori dell’Ottocento che, nella maggior parte dei casi, reinvestivano il plusvalore in ricerca e sviluppo per migliorare la propria impresa e generare sviluppo creando nuovo lavoro. Oggi il denaro viene spremuto dall’economia reale e viene impiegato per ottenere nuovo denaro, per fare speculazione: la crisi occupazionale deriva anche da lì. In secondo luogo, vi è il potere politico, che si può facilmente comprendere come la necessità di governare il sistema, e, infine, il potere culturale, spesso sottovalutato, ma che è fondamentale per formare le società. La cultura, infatti, è ciò che unisce le persone e che crea un legame spirituale tra i singoli, che rende un gruppo di individui una collettività in grado di condividere un linguaggio, dei simboli e dei principi. Per vivere in un Paese libero e democratico, dunque, è necessario che questi tre poteri siano separati l’uno dall’altro: se tutti e tre sono controllati da un’unica persona siamo in una situazione di totalitarismo. Per questo, quando poteri diversi sono concentrati in un’unica persona si parla di conflitto di interessi, una deviazione del potere, che si potrebbe meglio definire come conflitto di doveri, cioè una condizione che porta a non adempiere al proprio ruolo economico o politico o culturale in nome di interessi personali egoistici. Il potere, così, viene detenuto nella mani di pochi e si viene a creare un regime di tipo oligarchico che non può che contrastare con il rispetto delle leggi, la legalità, ovvero il principio che la legge sia uguale per tutti. E senza uguaglianza non può esserci democrazia ma oligarchia”.

La democrazia, come tutti gli organismi, nasce, cresce, cioè si diffonde, e può morire se, come prevede la Costituzione, i cittadini non la tengono viva. Il giurista ha proseguito: “Quando la democrazia muore, le sue strutture esteriori, come le istituzioni, possono restare, ma sono svuotate del loro significato. La nostra Costituzione prevede che sia la partecipazione dei cittadini nelle formazioni sociali (partiti, sindacati, associazioni, confessioni) a costituire la democrazia. Bisogna domandarsi se oggi la politica sia ancora una forza ascendente che dalla società arriva al vertice oppure no. Probabilmente oggi non è così e la personalizzazione del potere ne è la riprova. Sta a noi, cittadini, il compito di non far morire la democrazia e di recepire le informazioni con il giusto senso critico, non limitandoci ad essere spettatori della politica. Di fronte a casi come Lampedusa o i suicidi quotidiani a causa della crisi, invece, c’è troppa indifferenza e ci si comporta alla stregua di chi guarda un film, come se stessimo assistendo, con distacco, a fatti lontani che non ci riguardano. Questo atteggiamento è preoccupante e rappresenta un allarme per la nostra democrazia”.

Infine, non sono mancate riflessioni sulla stretta attualità. Commentando la nuova legge elettorale, Zagrebelsky ha affermato: “L’Italicum ci consegna, ancora una volta, disomogeneità nella composizione delle Camere, con due sistemi elettorali diversi per Camera e Senato e con due maggioranze differenti. Senato che, per essere abolito, necessita di una modifica costituzionale lunga e articolata. Dunque, si rischia la paralisi”. Un discorso complesso anche quello della parità di genere nelle liste: “In nome dell’unicità della rappresentanza, ogni persona dovrebbe essere eletta a prescindere dal proprio sesso o dalle sue condizioni, e regole troppo meccaniche minerebbero la libertà del voto. Per promuovere protagonismo femminile e pari opportunità, transitoriamente, però, si può considerare un provvedimento utile. La soluzione può essere rappresentata da liste composte da uomini e donne con voto di preferenza con cui l’elettore può scegliere il proprio candidato, uomo o donna che sia”.







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