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venerdì 10 settembre 2010

Dati Ocse...non c'è ripresa in Italia


Tra i paesi del G7 l'Italia è l'unico paese a registrare un Pil in retrocessione per il periodo luglio-settembre 2010. L'Italia, infatti, nel terzo trimestre di quest'anno potrebbe registrare un calo del prodotto interno lordo dello 0,3% su base trimestrale annualizzata. E' quanto stima l'OCSE nell'Interim Assessment diffuso oggi a Parigi.
Nel quarto trimestre l'OCSE prevede per l'Italia, sempre su base trimestrale annualizzata, un ritorno alla crescita dello 0,1%: il Paese rimane però in coda rispetto agli altri sei grandi, che continueranno a crescere: del 2,3% il Canada; dell' 1,5% il Regno Unito e dell'1,1% la Germania.
A livello mondiale “il rallentamento della ripresa economica sarà un po' più pronunciato del previsto” ha annunciato il capo economista dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), Pier Carlo Padoan. “E' ancora difficile capire - ha spiegato Padoan - se l'indebolimento della ripresa sia temporaneo o se sia il segnale di debolezze sottostanti più profonde della spesa privata in un momento in cui le misure di rilancio stanno giungendo al termine”.
Sono comunque le incertezze sull'occupazione a pesare sul futuro dei consumi e conseguentemente della ripresa economica mondiale e come sottolineato dall'OCSE “le incertezze circa la disoccupazione potrebbero mettere un freno all'espansione dei consumi privati” i quali, potrebbero essere frenati da "ulteriori aggiustamenti nelle spese delle famiglie in seguito al peggioramento dei bilanci che c'è stato nel corso del periodo di recessione”.


Secondo il Segretario Confederale CGIL Danilo Barbi, l'OCSE, come il Fondo Monetario Internazionale conferma alcune cose che la CGIL sostiene da tempo “non c’è ancora una vera ripresa e in Italia, a differenza di quanto sostiene il Governo, la bassa crescita è ancor più bassa degli altri grandi paesi europei” e che siamo in presenza di “una crescita globalmente bassa e a rischio di ulteriori ricadute. E questo perché - continua Barbi -, come sostiene il sindacato europeo, non c’è ancora una risposta strutturale alla crisi in termini di nuove politiche di investimento e di redistribuzione e di scelte che mettano sotto controllo la finanza”.

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