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mercoledì 18 aprile 2012

Carburanti - Eni raffineria Gela, 500 in cassa integrazione



Si vende meno benzina e per un anno intero l’Eni chiude mezzo petrolchimico. A Gela la crisi e gli alti costi dei carburanti portano alla cassa integrazione a zero ore ottocento lavoratori, cinquecento dei 1200 operai Eni e trecento dell’indotto. Numeri che rischiano di mettere in ginocchio l’intera economia della zona e che preoccupano istituzioni e sindacati: «E’ uno dei momenti più difficili del petrolchimico e dunque della città», dice il sindaco di Gela Angelo Fasulo. E in effeti, l’imponente sagoma del petrolchimico, croce e delizia di questa zona nel sud est della Sicilia, domina dagli anni ’50 non solo il paesaggio ma anche, e soprattutto, l’economia.

L’annuncio che entro pochi giorni si fermeranno gli impianti di produzione 1 e 3 del petrolchimico gelese, il «Coking 1» e l’«Fcc» che l’Eni definisce «a minore redditività», assieme al deposito interno dei carburanti e all’impianto di imbottigliamento del Gpl, è stato dato ieri in simultanea in due tavoli tecnici convocati dall’azienda, uno a Gela con le organizzazioni sindacali dei chimici di Cgil, Cisl, Uil e Ugl, l’altro alla prefettura di Caltanissetta. I sindacati confederali sono già sul piede di guerra e subito dopo l’annuncio hanno lasciato le riunioni e convocato un consiglio di fabbrica, pronti ad azioni di lotta perché, come hanno scritto in un comunicato, il timore è che «dietro si nasconda un destino di chiusura e abbandono del territorio». E’ già stato proclamato lo stato di agitazione: «Non si può far pagare la crisi solo alla povera gente», dice il segretario provinciale della Cgil Alessandro Piva, mentre il segretario Uilcem Silvio Ruggeri lancia l’allarme indotto perché, se quello diretto è di 1100 persone, quello indiretto fatto di edili, metalmeccanici e addetti ai servizi, arriva a tremila unità. La Cisl se la prende con «la palude burocratica delle autorizzazioni e delle concessioni e dell’inadeguata volontà della politica» che avrebbe impedito all’Eni di spendere 140 milioni di euro per il rifacimento della diga foranea: «Il futuro del sito - dice il segretario regionaleCislMaurizioBernava - è strettamente legato alla competitività del territorio».

L’azienda è categorica anche se assicura che, al termine del periodo di fermo, i lavoratori torneranno tutti al loro posto e che questi dodici mesi verranno utilizzati per le manutenzioni. In un comunicato della direzione Refining & Marketing, l’Eni lamenta in Italia una eccedenza di «raffinato», di benzina e gasolio cioè, di cento milioni di tonnellate: «Il quadro evidenziato continua ad essere preoccupante - scrive l’Eni - a fronte di una contrazione particolarmente significativa della domanda di prodotti petroliferi e del surplus della capacità di raffinazione che hanno comportato il crollo dei margini». Era già stata fermata per sei mesi la raffineria di Porto Marghera, che ripartirà il 2 maggio.OratoccaaGela,dove pure gli impianti marciavano già al 60 per cento.
FABIO ALBANESE

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