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Deve essere forte e decisa la nostra voce nel denunciare il comportamento indecente che il governo italiano ha tenuto fin dalle prime ore”. E’ quanto ha affermato il Segretario Generale della CGIL, Susanna Camusso, nel corso della sua relazione introduttiva al Comitato Direttivo, in merito a quanto sta accadendo in queste ore in Libia. Per il leader sindacale, inoltre, “il fatto che il governo abbia ieri consentito la costruzione di una posizione unitaria europea non lo giustifica dal fatto che continui a dire cose inaccettabili. Per altro, la stessa posizione europea, appare più moderata di quella assunta dall’ONU e troppo legata a vicende contingenti piuttosto che ad una sua necessaria funzione politica”.
Camusso ha puntato il dito contro la posizione espressa in queste ore dal ministro degli Esteri, Franco Frattini, che “continua a dire una cosa che non va bene: non si può dire, cioè, che ci sia equidistanza rispetto al fatto che lì possa esplodere una guerra civile. Perché non ci troviamo in presenza di un conflitto interno alla popolazione, in Libia si bombardano le masse nelle piazze e si usano le armi contro la folla”. Per questi motivi, ha aggiunto il Segretario Generale della CGIL, “un paese democratico come il nostro dovrebbe dire con chiarezza che in Libia è in corso un genocidio e che vengono perpetrati crimini contro l’umanità e con altrettanta forza dovrebbe esigere che la si smetta di sparare sulla folla e che il dittatore se ne vada”.
Infine, quanto all’Europa, il numero uno della CGIL ha osservato: “non può limitarsi ad essere semplice spettatore o paladino ininfluente della libertà e della democrazia ma dovrebbe proporsi una piattaforma politica che, aldilà delle posizioni ‘equidistanti’ assunte dal nostro ministro degli Esteri, favorisca un effettivo processo di evoluzione di quel paese, di quell’area, verso una democrazia laica. Una piattaforma che abbia, allo stesso tempo, un’idea di fuoriuscita dalla crisi perché è evidente - ha concluso Camusso - che quanto sta accadendo in quei territori ha uno stretto rapporto con la crisi economica e il tema della libertà e della democrazia”.
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Inoltriamo un messaggio del Coordinamento nazionale Primo Marzo scritto dal Coordinamento Migranti di Bologna
Non bisognava aspettare oggi per sapere che i cosiddetti regimi moderati del Mediterraneo avevano tra i loro compiti anche quello di reprimere la libertà di movimento dei migranti. Notizie drammatiche giungono però in queste ore dalla Libia, dove il governo di Gheddafi sta reprimendo in un bagno di sangue le legittime proteste di quello che fino a ieri chiamava il suo popolo. Non dimentichiamo che il governo Libico è stato ed è ancora un caposaldo delle politiche migratorie italiane e quindi europee. Per anni i governi italiani hanno stretto patti con il governo libico per poter esternalizzare il lavoro sporco di repressione dei migranti che cercano di raggiungere l'Europa. Il risultato sono stati migliaia di morti nel deserto libico, migliaia di detenuti nei centri di detenzione libici, senza alcun diritto, esposti alla mercé di un regime che oggi mostra a tutti il suo volto bombardando i manifestanti.
Di fronte a tutto questo non possono esistere titubanze, non esistono "se e ma". Bisogna scegliere ancora una volta da che parte stare: o in nome della difesa di una politica basata sui decreti flussi si continuerà a cercare l'appoggio di chiunque purché fermi i migranti, oppure si mette la parola fine alle politiche inaugurate con gli accordi di riammissione e le politiche dei respingimenti.
Il silenzio e le titubanze del governo italiano e di molte forze politiche, preoccupate soprattutto da ipotetiche "invasioni" o da nuovi sbarchi, mostrano le ipocrisie della politica italiana. A tutti loro vorremmo dire che la loro preoccupazione ha consegnato per anni i migranti nelle mani della repressione più dura, contravvenendo a tutte le leggi internazionali, senza alcun rispetto per i diritti umani. E' ora di dire basta, e di rispondere in massa: non sono solo le politiche portate avanti all'interno dei confini italiani che ci riguardano, ma anche ciò che il governo italiano fa e promuove fuori dall'Italia. Dietro la maschera della cooperazione l'Italia e l'Unione Europea sono responsabili delle politiche portate avanti da governi dittatoriali contro i migranti e tutti i loro cittadini, cui viene fornito appoggio militare, economico e tecnico. Con inqualificabile cinismo, in queste settimane, di fronte alla lotta per la libertà di centinaia di migliaia di uomini e di donne, l'unica preoccupazione è sembrata essere una fantomatica invasione di disperati. Non c'è nessuna invasione. Basta con i regni della paura in Italia e in LIbia. Quegli uomini e quelle donne seguono con coraggio la speranza della libertà e di una vita migliore. C'è chi teme i califfati alle porte dell'Italia e il fondamentalismo islamico, mentre tutto ciò che si vede è un sano integralismo della libertà.
Abbiamo già affermato lo stretto legame che esiste tra le lotte per la libertà in Africa e le lotte dei migranti in Europa. Il primo marzo sarà una giornata di sciopero e mobilitazione del lavoro migrante, contro il ricatto della Bossi-Fini, contro il razzismo istituzionale e per i diritti di tutte e tutti. Dopo la mobilitazione dello scorso anno, dalla rivolta dei braccianti a Rosarno alle sciopero e alle proteste della gru a Brescia e della torre a Milano, quest'anno i migranti torneranno a essere protagonisti in prima persona. Con loro ci saranno tanti lavoratori e lavoratrici italiani, studenti e studentesse. Una protesta che si sta allargando a diversi paesi europei: lo scorso anno la Francia, la Grecia e altri, quest'anno l'Austria, perché lo sciopero dei migranti parla della possibilità di difendere ed estendere i diritti di tutte e tutti.
Rivolgiamo a tutti un appello affinché questa giornata dalla parte dei migranti sia anche una mobilitazione generale contro la repressione in atto e quelle a venire e contro le politiche europee di complicità con regimi sanguinari. Oltre a portare in piazza le rivendicazioni contro la Bossi-Fini e il razzismo istituzionale in Italia, il primo marzo sarà anche un'occasione per esprimere il nostro appoggio a queste rivolte di uomini e donne liberi di scegliere il proprio destino.
Noi chiediamo:
- la fine di ogni appoggio finanziario, logistico e militare finalizzato alla repressione dei migranti, a partire dall'accordo con la Libia
- la fine della politica dell'esternalizzazione dei confini europei attraverso finanziamenti e accordi con governi confinanti per reprimere i migranti per conto dell'Unione Europea
- la chiusura dei CIE e di tutti i centri di detenzione finanziati dall'Italia in Libia e in altri paesi
- la chiusura di Frontex, unico corpo militare europeo esistente, che viene utilizzato per tentare di fermare i migranti, costringendo ogni volta a cercare altre vie più pericolose
- la fine dei tentativi di respingimento che non hanno avuto altro risultato che aumentare il numero dei morti nel Mediterraneo
Coordinamento Migranti Bologna e provincia
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