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produzione Teatro della Cooperativa
con il sostegno di Regione Lombardia - Progetto Next
in collaborazione con La Corte Ospitale
CHICAGO BOYS
di Renato Sarti con la collaborazione di Bebo Storti
regia di Renato Sarti
con Renato Sarti, Elena Novoselova
scene e costumi Carlo Sala
video realizzati in collaborazione con Fabio Bettonica e N.A.B.A. - Nuova Accademia di Belle Arti di Milano
foto di Roby Schirer e Emiliano Boga
Il "Chicago boy" Sarti a bagnomaria in un misto di escrementi liquidi si avvale di video e versi per descrivere lo sfascio del mondo moderno. E ne sottolinea l'origine: la scuola di Chicago, quella dei nobel per l'economia Friedman e Von Hayek, il think tank del libero mercato. Rivoluzioni, omicidi, catastrofi naturali, storture politiche... Fino al pericolo della privatizzazione selvaggia.
"Prima hanno privatizzato la terra, poi il fuoco (con il petrolio), e adesso tocca all'acqua: siamo a una svolta epocale, e verso il peggio", sottolinea Emilio Molinari, tra i collaboratori di Sarti nella stesura del testo, al termine della rappresentazione.
In scena, la coscienza del bieco capitalista è una ragazza dell'Est sfrutatta e abusata, che prova disperatamente a difendere quei valori che si suppone siano positivi: cultura, istruzione, condivisione... Ma siccome il teatro di Sarti vuol essere cronaca, non fantascienza, la povera Svetlana finirà annegata nel guano, insieme ai suoi buoni propositi. Ride il personaggio, Inorridisce il pubblico in sala. Ma non tanto per quel che viene detto, che più o meno è noto a chi legge u ngiornale ogni tanto, bensì per la lucidità con cui è stato ricostruito l'orrore di sessant'anni di storia mondiale guidata da un unico principio ispiratore: il profitto.
E' una poetica irredenta, quella di Sarti, che ricorda da vicino il bellicoso disfattismo di altri grandi autori della sua generazione -Stefano Benni, per citarne uno- costretti a constatare la vottoria definitiva della più perversa distopia capitalistica, ma ben decisi a non arrendersi pacificamente. Un gruppo di persone sempre più ristretto detiene un potere sempre più vasto, indifferente alle nazioni, ai governi, alle regole civili, ai diritti dell'uomo. Ma questa non è propaganda politica: è una lezione di storia economica, tra l'altro più divertente della maggior parte di quelle che ho seguito. Ma non meno precisa.
Chicago Boys è un esempio di teatro civile, in linea con lo stile violento e diretto dell'autore, ma anche l'urlo sconvolto di una coscienza disperata, quella dell'Uomo, che pur non sapendo come, sa che combatterà prima di dileguarsi nel delirio delle bollette per l'aria-da-respirare
Alessandro Mauri
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I "Chicago Boys" furono un gruppo di giovani economisti cileni formatisi presso l'Università di Chicago, nel 1970 circa, sotto l'egida di Milton Friedman e Arnold Harberger.
Successivamente furono assunti a metà degli anni '70 nell'amministrazione del ministero dell'economia del Cile, presieduto dal tecnico José Piñera, durante il regime di Augusto Pinochet.
Le politiche del ministero di Piñera si caratterizzarono per il processo di privatizzazione e liberalizzazione dell'economia del paese, dopo le riforme collettiviste del governo socialista di Salvador Allende, che portarono a un forte sviluppo economico.
Fu varata inoltre un'importante riforma del sistema pensionistico, basata sulla liberalizzazione e privatizzazione del monopolio pubblico della previdenza pensionistica. Tale sistema pensionistico è stato recentemente recepito da altri paesi, anche europei. La teoria dei Chicago Boys è stata applicata per anni in tutto il mondo, soprattutto in quei paesi che chiedevano prestiti al Fondo Monetario Internazionale, in quanto lo stesso FMI poneva come condizione per l'ottenimento dei prestiti l'applicazione di politiche economiche neo-liberiste, anche contro l'orientamento dei governi a cui si rivolgeva.
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