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martedì 18 ottobre 2011

E. Macaluso e i fatti di Roma


da www.ilriformista.it
I giornali di tutti il mondo parlano dell’Italia narrando le incredibili storie e storielle del Presidente del Consiglio. E tutti mettono in rilievo come le particolari difficoltà economico-sociali del nostro paese, rispetto agli altri paesi europei, sono ascrivibili alle penose condizioni in cui si trova il governo e chi lo guida. Ieri la stampa internazionale, e anche quella italiana, si interrogano sul perché delle tante manifestazioni che gli “indignati” hanno svolto in molti paesi del mondo, solo in Italia si sono verificati fatti gravi come quelli di Piazza S. Giovanni e dintorni. Insomma l’anomalia italiana è all’ordine del giorno.
Su questo dato si discute da molto tempo, da quando il terrorismo, rosso e nero, ebbe proprio nel nostro paese una dimensione non riscontrabile in nessun altro. E nessun paese ha conosciuto lo stragismo, anche quello mafioso, come l’abbiamo vissuto noi: con il coinvolgimento di apparati statali inquinati. Il tema delle classi dirigenti, e dei caratteri che ha assunto in Italia lo Stato, ha riempito volumi di studiosi e resoconti parlamentari di dibattiti e inchieste.
Perché ho fatto questa ampia premessa per dire poche cose su quel che è successo a Piazza S. Giovanni? Dai giornali di ieri mi hanno colpito tre cose.
1) Due giornalisti di Repubblica, facendo il loro mestiere, hanno incontrato esponenti dei devastatori di Roma, i quali hanno raccontato come e dove si sono addestrati e organizzati, dove e come hanno preparato l’agguato al pacifico corteo degli indignati. Mi chiedo: è possibile che l’intelligence delle tante polizie italiane non abbiano avuto sentore di questa organizzazione? Se è così c’è da chiedersi qual è l’efficienza di questi servizi. Se non è così si può pensare che sapevano e tacevano. Io ormai propendo per la prima ipotesi.
2) In questa occasione sui giornali si è riparlato della temibile giornata del G8 di Genova. È vero, pezzi e pezzetti della sinistra hanno esaltato Carlo Giuliani come un eroe e non come vittima di un atto violento in un contesto violento.
Ma la gran parte della sinistra condannò le violenze di Genova. E ha condannato anche la fredda violenza che pezzi della polizia misero in atto contro inermi manifestanti nelle caserme. La sinistra radicale assolve la violenza “privata” e condanna quella “statale”.
Ieri ho letto che ci sono poliziotti (sono certo una minoranza) che teorizzano il fatto che dopo i processi di Genova svoltesi contro funzionari violenti, non hanno più voglia di impegnarsi. E la destra italiana condanna la violenza “privata” e assolve quella statale. Sono tutti fatti che mostrano la fragilità della democrazia e dello Stato italiano.
3) Negli anni 40-50, guidando la Cgil in Sicilia, mi sono occupato dei servizi d’ordine del sindacato e negli anni 60, dirigendo la sezione di organizzazione del Pci, ho maturato una esperienza nazionale in materia. Il tema non era solo come controllare l’ordine nella manifestazione, ma come prevenire le “provocazioni”. Oggi si ironizza sui comportamenti dei militanti che svolgono il servizio d’ordine. Ed è bene farlo per smitizzare un’epoca politica.
Non ci sono più partiti organizzati e anche i sindacati non hanno il prestigio e la forza del passato. Le nostalgie, anche in questo campo, sono penose. Gli “indignati” hanno reagito ai violenti come potevano, con dignità e anche con gesti pubblici significativi, verso la polizia. Ma, se non c’è più un servizio d’ordine deve essere la sinistra a proporre leggi per tutelare i cittadini che manifestano pacificamente. Ieri sui giornali abbiamo letto il rigore con cui le forze dell’ordine operano in Germania o negli Usa.
Andiamo al dunque: non può essere consentito che si manifesti a volto coperto, con caschi e passamontagna e che si portino bastoni e altre armi contundenti. Chi lo fa commette un reato, e va fermato. La reazione alla violenza deve essere forte ed efficace. Mi dispiace che una persona colta, impegnata nella lotta politica con posizioni di sinistra, anche non condivisibili ma oneste, come Valentino Parlato, abbia scritto sul Manifesto un articolo così sbagliato. Caro Valentino, tutto quello che è accaduto ha una radice nelle condizioni in cui si trova il paese ma, come non capire che un’azione violenta come quella vista a Roma non si giustifica con la «questione sociale». Non è il ribellismo popolare che abbiamo conosciuto al Sud, ma un’organizzazione volta a colpire la protesta e la lotta sociale proprio perché condotta sul terreno democratico. Un’aggressione quindi alla democrazia che va respinta: senza se e senza ma. Emanuele Macaluso

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