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lunedì 7 settembre 2015

Jobs act: cosa cambia



Assunzione
Tra qualche giorno, subito dopo che il decreto legislativo approvato ieri dal consiglio dei ministri sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale, chiunque, sia che entri per la prima volta nel mondo del lavoro sia che cambi occupazione, potrà essere assunto con un nuovo contratto che si chiama «a tempo indeterminato a tutele crescenti». La differenza principale rispetto all’attuale contratto a tempo indeterminato è che cambiano le regole in caso di licenziamento, che diventa molto più semplice nelle aziende con più di 15 dipendenti. Poiché per il 2015 su queste assunzioni scatta uno sconto sul costo del lavoro fino a 8.060 euro all’anno per tre anni, è probabile che ci sarà un boom di contratti a tutele crescenti, a scapito dei vari contratti flessibili che ora vanno per la maggiore. Vediamo dunque il percorso di un giovane assunto a tutele crescenti in un’azienda con più di 15 dipendenti

Doppio regime

Da subito egli potrà trovarsi a lavorare, fianco a fianco, con dipendenti assunti col vecchio contratto a tempo indeterminato. Il contratto di lavoro sarà comunque lo stesso e così i diritti ad esso legati, dalla malattia alla maternità passando per le ferie. Il trattamento, invece, sarà diverso, come vedremo più avanti in caso di licenziamento. Una regola che, in base al decreto presentato in parlamento cambia per tutti, vecchi e nuovi, è invece quella che consentirà all’azienda di cambiare unilateralmente le mansioni del dipendente in caso di riorganizzazione o ristrutturazione dell’impresa. Si potrà scendere fino a un livello sotto il precedente inquadramento mantenendo però il trattamento economico, tranne voci legate a istituti che non fanno più parte delle nuove mansioni (per esempio i turni notturni
Licenziamento
In questo caso, il cambiamento è forte. Per il giovane assunto con il contratto a tutele crescenti il diritto al reintegro nel posto di lavoro resta solo nel caso di licenziamenti discriminatori o quando, nel caso di licenziamento disciplinare, il lavoratore dimostri al giudice che il motivo addotto dall’azienda sia insussistente. In tutti gli altri casi, cioè nei licenziamenti economici e in quelli disciplinari comunque motivati, il lavoratore avrà diritto solo a un indennizzo economico pari a due mensilità di stipendio per ogni anno di servizio. Il minimo non potrà mai scendere sotto le 4 mensilità e il massimo non potrà superare le 24. Prima di andare dal giudice il lavoratore potrà tentare la conciliazione. In caso di accordo, l’indennizzo (da 2 a 18 mensilità) è esente da tasse, per incoraggiare questa via
Licenziamento collettivo
Si configura quando l’azienda licenzia, per motivi economici, almeno 5 dipendenti nell’arco di quattro mesi. In questo caso ci sarà un trattamento differente se nel gruppo di licenziati ci saranno assunti col vecchio contratto a tempo indeterminato e lavoratori con contratto a tutele crescenti. Infatti, se il giudice conclude che il licenziamento è illegittimo, per i primi disporrà il reintegro mentre per i secondi l’indennizzo. L’illegittimità potrebbe derivare anche dal non aver seguito i criteri di precedenza (carichi familiari, eventuali disabilità, eccetera) di cui bisogna tener conto nella scelta dei lavoratori da licenziare. Il nostro lavoratore sarà quindi in ogni caso fuori dall’azienda, tranne che non provi che si sia trattato di licenziamento discriminatorio
Ammortizzatori
Che succede al lavoratore una volta licenziato? In questo caso la riforma si applica a tutti i lavoratori, vecchi e nuovi, a patto che abbiano 13 mesi di contribuzione in 4 anni e 30 giorni negli ultimi 12 mesi. Dal prossimo primo maggio i disoccupati avranno diritto alla Naspi, che sostituisce Aspi e mini Aspi. Si tratta di un assegno pari al 75% della retribuzione media degli ultimi 4 anni con un tetto di 1.300 euro. L’indennità dura 24 mesi , che però scendono a 18 dal 2017 (per mancanza di finanziamenti) e l’importo, dopo i primi 4 mesi, si riduce del 3% al mese. Il pagamento del sussidio è condizionato alla partecipazione a corsi di formazione e riqualificazione. Finita la Naspi si può aver diritto all’Asdi, un assegno per sei mesi, se non si è trovato un lavoro e si è in condizioni di particolare bisogno
Contratti
Ma cosa resta, se non si trova un lavoro col contratto a tutele crescenti? Restano quasi tutti i contratti che ci sono stati finora: dall’apprendistato ai contratti a termine (senza causale, prorogabili fino a 5 volte e per una durata massi ma di 36 mesi), dallo staff leasing alle partite Iva. Secondo lo schema di decreto che il governo ha presentato in Parlamento vengono cancellate solo le associazioni in partecipazione e il job sharing. Dal 2016, inoltre, non potranno sopravvivere i falsi contratti di collaborazione a progetto, quelli cioè che nascondono un lavoro subordinato. In questo caso il lavoratore potrà farsi riconoscere dal giudice il diritto alla trasformazione in contratto a tutele crescenti. Negli altri casi (amministratori o dove lo prevede il contratto, per esempio nel caso dei call center) il contratto di collaborazione sopravviverà. Stessa cosa nel pubblico impiego dove continueranno ad esserci i co.co.co

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